Uno studio pubblicato su Science Advances dalla ricercatrice Francesca Forni, della Nanyang Technological University di Singapore, mette in evidenza la possibilità che i Campi Flegrei, la celebre e vasta area situata presso il Golfo di Pozzuoli, a ovest di Napoli, sia in procinto di risvegliarsi. Allo studio hanno partecipato anche Silvio Mollo, dell’università Sapienza di Roma, e Gianfilippo De Astis, dell’Ingv (Istitutto Nazionale di Vulcanologia). Le conclusioni della ricerca sono state riportate da Le Scienze.
I Campi Flegrei
Famosi in tutto il mondo, i Campi Flegrei sono estremamente ampi, in quanto comprendono un’area di circa 100 chilometri quadrati, che è estremamente popolata e caratterizzati da importanti fenomeni di bradisismo. Tale zona, come spiega l’articolo riportato su Le Scienze, “è considerata un sistema vulcanico in fase di quiescenza, che ha avuto una storia magmatica molto attiva negli ultimi 60.000 anni in cui spiccano due grandi eruzioni: quella cosiddetta dell’ignimbrite campana e quella del tufo giallo napoletano, rispettivamente le due rocce che hanno caratterizzato i depositi di materiale conseguenti alle due eruzioni”.
Una nuova eruzione?
A quanto sembra, quindi, il vulcano dei Campi Flegrei sarebbe rientrato in attività e si starebbe lentamente ricaricando. Tuttavia, a detta dei ricercatori, è difficile capire se tale fenomeno possa portare in un futuro ad una imponente eruzione o a piccole eruzioni, come quella che si è verificata circa 500 anni fa, che non si è spinta oltre il chilometro.
Lo studio di Science Advances
Lo studio condotto da Francesca Forni e dagli altri ricercatori, si basa sull’analisi dei campioni di rocce prodotte dal magma relativo a 23 eruzioni, che si sono verificate nell’arco di ben 60.000 anni. Tuttavia, ha far ipotizzare agli studiosi la possibilità che il supervulcano sia ad un nuovo ciclo di attività, sono stati i resti dell’ultima eruzione, risalente al 1538, che ha portato alla formazione di un piccolo cono di scorie e tufi, che è stato soprannominato il Monte Nuovo.
I ricercatori: “Nell’attività dei Campi Flegrei c’è una ciclicità”
I ricercatori, attraverso l’attento studio dei campioni hanno notato una certa ciclicità nell’attività dei Campi Flegrei. Sembra, infatti, che ad un’eruzione che comporta una fuoriuscita massiccia di magma e, quindi, la formazione di una caldera, segua un periodo caratterizzato da piccole e frequenti eruzioni, causate da ridotte tasche di magma, rimaste negli strati di crosta più superficiali. Infatti, il vulcanologo De Astis ha spiegato che: “Per dare luogo a una grande eruzione è necessario che il serbatoio di magma si ricarichi e cresca».
Secondo gli studiosi, i Campi Flegrei, attualmente, sarebbero proprio nella fase di “lenta e progressiva ricarica del serbatoio, perché il magma dell’eruzione del Monte Nuovo ha caratteristiche simili, ad esempio nella composizione e nel rapporto tra vetro e cristalli, a quelle delle fasi iniziali delle eruzioni che hanno preceduto le due catastrofiche del passato».
Le eruzioni storiche
La prima eruzione dei Campi Flegrei, che risale a 39mila anni fa, ha seppellito gran parte dell’attuale Campania e, soprattutto, la città di Napoli, sotto uno spesso strato di tufi, portando alla formazione di una caldera, in seguito riempita dall’acqua del mare.
La seconda eruzione è datata, invece, a 15mila anni fa e ha prodotto una seconda conca, più minuta, dentro la precedente.
Tuttavia, queste due grandi eruzioni sono state accompagnate da numerosi fenomeni di minore rilievo. In particolare, l’eruzione più recente, ovvero quella che ha portato alla formazione del Monte Nuovo, del 1538, che è stata caratterizzata da magmi simili a quelli delle fasi iniziali delle eruzioni, che hanno portato alla formazione delle caldere.
Gli autori del prestigioso studio, quindi, ritengono che l’attuale fase di accumulo di magma potrebbe culminare, in un’epoca imprecisata, in una nuova e poderosa eruzione.