Castellammare, ricorso della Dda sul rigetto degli arresti dei 4 boss

La Dda di Napoli (Direzione distrettuale antimafia) ha presentato ricorso contro la mancata applicazione della misura cautelare stabilita dal gip Tommaso Perrella, per mettere in carcere i 4 boss del clan D’Alessandro, coinvolti nell’operazione Olimpo, che una settimana fa ha messo i manette il noto imprenditore Adolfo Greco ed altre 8 persone.

Tuttavia, si è assistito al rigetto dell’ordinanza cautelare nei confronti di Paolo Carolei, acerrimo nemico dei D’Alessandro, ma che negli anni è diventato anello di congiunzione con gli Afeltra-Di Martino dei Monti Lattari ed i Cesarano. Ma anche di Sergio Mosca, che è stato in carcere per ben 7 anni, e del genero Pasquale D’Alessandro, il primogenito del deceduto padrino Michele. Ed, infine, di Vincenzo D’Alessandro (fratello di Pasquale), che è uscito dal carcere il 29 novembre scorso, dopo 9 anni di detenzione e che ora si trova dislocato al Nord in regime di sorveglianza speciale.

Il gip ha rigettato la richiesta cautelare

“Alcuna esigenza cautelare appare infine ravvisabile in relazione agli indagati. Avuto, infatti, riguardo, per un verso, al considerevole lasso di tempo trascorso dalla perpetrazione dei fatti estorsivi loro ascritti e, per altro verso, alla mancata deduzione da parte del P.M. di eventuali condotte successive sintomatiche di una perdurante pericolosità degli stessi va allo stato esclusa qualsivoglia esigenza cautelare, con conseguente rigetto della richiesta cautelare avanzata nei loro confronti“. Ciò è quanto è stato stabilito dal gip per i 4 boss, nell’ambito dell’operazione Olimpo.

La Dda ha presentato ricorso

La Dda, tuttavia, ha già presentato ricorso, facendo richiesta di una nuova misura cautelare, in quanto ritiene che i 4 mafiosi siano estremamente pericolosi e che per tanto sia meglio non lasciarli liberi.

Del resto, Vincenzo D’Alessandro e Sergio Mosca sono stati riconosciuti dal pentito Renato Cavaliere come i mandanti dell’omicidio del consigliere comunale Gino Tommasino, anche se le sentenze, fino ad oggi, non hanno mai accolto tale indicazione.

Le dichiarazioni di Cavaliere

Cavaliere, colui che ha materialmente commesso il delitto del consigliere comunale del Pd, il 3 febbraio 2009, ha raccontato agli inquirenti, che quel giorno il boss Vincenzo D’Alessandro, disse: “Avete fatto un bel casino con l’omicidio Tommasino”. E, durante l’interrogatorio dell’aprile 2015 il pentito ha aggiunto anche: “Gli ho detto che era stato suo cugino Salvatore Belviso a decidere l’omicidio e lui ha obiettato che certamente non doveva fare tutto quello che decideva il cugino. Voleva uccidere me e Raffaele Polito“.

Successivamente, però, Renato Cavaliere ci ha ripensato e ha affermato: “Sono stato io ad andare a Rimini per giustificare l’omicidio di Luigi Tommasino con Enzo D’Alessandro. Lui mi ha chiesto se ero stato io e, dopo aver avuto la conferma, ha detto che avevamo fatto un bel casino, riferendosi al fatto che avevamo commesso l’omicidio di pomeriggio, in una zona molto trafficata di Castellammare di Stabia, esponendoci al rischio di essere scoperti o uccisi. Gli ho detto che doveva parlare con il suo cugino. Ho iniziato a giustificare l’omicidio Tommasino, ma Enzo D’Alessandro mi ha fermato dicendo che era tutto a posto. In considerazione dell’atteggiamento di Enzo D’Alessandro ho pensato che lui già fosse informato della decisione di uccidere Tommasino Luigi”. E, in quella occasione ha aggiunto: “Non saprei dire se Belviso Salvatore prima della sua esecuzione abbia parlato con Vincenzo D’Alessandro o con Sergio Mosca, come Belviso ha dichiarato nel corso del processo”.

Tuttavia, in un precedente interrogatorio Cavaliere aveva spiegato che Vincenzo D’Alessandro, prima di allontanarsi da Castellammare gli aveva dato carta bianca sugli omicidi, reputandolo capace di distinguere chi erano i “buoni” e chi i “malamente”.

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