Il pizzaiolo napoletano di 45 anni reo confesso dell’omicidio della ex moglie Mariarca Mennella, è stato condannato a 20 anni di reclusione tramite rito abbreviato.
La giovane donna, che si era trasferita con i 2 figli a Musile di Piave, nel veneziano, per ricominciare una nuova vita dopo la separazione, era stata accoltellata il 23 luglio del 2017 dall’ex marito Antonio Ascione. La sentenza di colpevolezza, che è stata pronunciata ieri dal Tribunale di Venezia, ha fatto indignare la famiglia della vittima.
La sentenza
L’uomo era stato accusato di omicidio volontario, vincolo di parentela, futili motivi, minorata difesa e minacce. Infatti, per molto tempo si è parlato del fatto che Ascione non avrebbe agito a seguito di un raptus omicida, ma che avrebbe commesso il crimine dopo un’attenta premeditazione e dopo una vera e proprio escalation di violenza. Tuttavia, il giudice non ha riconosciuto le aggravanti dei futili motivi e della premeditazione, ma ha stabilito un risarcimento per i familiari della vittima: 50 mila euro per i 2 figli, 30 mila euro per la madre e 20 mila euro per ciascuno dei 5 fratelli di Mariarca, che si erano costituiti parte civile.
La richiesta di ergastolo
Il Pubblico Ministero, Raffaele Incardona, aveva chiesto che all’imputato fosse dato l’ergastolo “per aver accoltellato ripetutamente sul tronco e sull’arto superiore sinistro la moglie cagionandone la morte con un fendente al dorso che ne perforava il polmone sinistro e che determinava lesioni viscerali e vascolari con emorragia massiva ed esito letale”. Il pizzaiolo 45enne, originario di Torre del Greco, avrebbe agito mentre la vittima stava dormendo, togliendole, quindi, ogni possibilità di difendersi. Tuttavia, la richiesta di ergastolo era stata sostenuta anche da Alberto Berardi, il legale dei familiari della vittima, che ha operato in collaborazione con lo Studio 3A.
La rabbia dei familiari della vittima
La sentenza emessa, quindi, come si può immaginare, ha lasciato insoddisfatti i parenti della vittima. Infatti, il loro rappresentante legale, ha affermato: “E’ una sentenza che lascia l’amaro in bocca soprattutto per l’aspetto fondamentale della premeditazione, a cui tenevamo particolarmente e per la quale abbiamo tanto lavorato e ci siamo battuti a fondo. Restiamo convinti che ci fossero tutti gli elementi per riconoscerla e che si è trattato di un gesto non estemporaneo, ma meditato nel tempo. Era giusto soprattutto nei confronti della famiglia che fosse riconosciuto che non si è trattato di un delitto d’impeto“. E ancora: “Tra novanta giorni, comunque, leggeremo le motivazioni e poi decideremo il da farsi. Sarebbero stati più giusti trent’anni, che poi sono quelli a cui l’omicida sarebbe stato condannato senza l’effetto premiale del rito abbreviato. Per un delitto odioso che ha distrutto una famiglia e ha lasciato senza genitori due figli minori, Ascione se ne esce con una pena assolutamente inadeguata. E’ una delle storture del sistema”.
Tuttavia, ha parlare è stata anche la sorella della 38enne assassinata, Assunta Mennella, che si è detta indignata per quanto deciso dai giudici. “Siamo tutti profondamente amareggiati, indignati e arrabbiati e aspettiamo a calmarci un po’ prima di informare i miei nipoti, a cui il padre ha già rovinato la vita. Non capiamo come non abbiano potuto riconoscere la premeditazione: c’erano anche i messaggi sul telefono di mia nipote che provavano come l’assassino avesse minacciato di morte Mariarca con un coltello pochi giorni prima. Siamo molto deluse. Mia sorella non ha avuto giustizia”. Queste le parole con cui la donna ha espresso la sua frustrazione per la sentenza emessa poche ore fa.